V.A.S.: per i piani che riguardano piccole aree a livello locale e per le modifiche minori è sempre necessario passare per lo screening

Il fatto che un piano o un programma di cui all'art. 6, co. 2, D. Lgs. 152/2006 riguardi una piccola area a livello locale o sia una modifica minore può giustificare, sulla base di criteri predeterminati, l’esonero dalla procedura di VAS, ma non dalla verifica di assoggettabilità: pertanto, è incostituzionale una legge regionale che preveda che, qualora non siano superate determinate soglie quantitative o dimensionali, il piano o il programma non sia sottoposto nemmeno a screening.

Corte Costituzionale, sentenza n.178 del 04/07/2013

 

Relatore :

Giuseppe Tesauro

Presidente :

Franco Gallo

 

Oggetto:

procedura --> valutazione ambientale strategica

Sintesi:

In materia ambientale - a cui è riconducibile l'individuazione dei casi di c.d. screening ai fini della V.A.S. - un intervento specifico del legislatore regionale è ammesso nel solo caso in cui esso, pur intercettando gli interessi ambientali, risulti espressivo di una competenza propria della Regione, e sempre che non comprometta un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato.

Oggetto:

procedura --> valutazione ambientale strategica

Sintesi:

Il fatto che un piano o un programma di cui all'art. 6, co. 2, D. Lgs. 152/2006 riguardi una piccola area a livello locale o sia una modifica minore può giustificare, sulla base di criteri predeterminati, l’esonero dalla procedura di VAS, ma non dalla verifica di assoggettabilità: pertanto, è incostituzionale una legge regionale che preveda che, qualora non siano superate determinate soglie quantitative o dimensionali, il piano o il programma non sia sottoposto nemmeno a screening.

Estratto:

« 1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli articoli 117, primo e secondo comma, lettera s), ed in relazione agli articoli 6, comma 3, e 20, commi 2 e 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), ed all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente), questioni di legittimità costituzionale degli articoli 3, comma 2, e dell’allegato A della legge della Regione Liguria 10 agosto 2012, n. 32, recante «Disposizioni in materia di valutazione ambientale strategica (VAS) e modifiche alla legge regionale 30 dicembre 1998, n. 38 (Disciplina della valutazione di impatto ambientale)», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione del 16 agosto 2012, n. 15, nonché dell’articolo 18, commi 2 e 4, di detta legge regionale il quale, rispettivamente, ha inserito il comma 1-bis nell’articolo 10 della legge Regione Liguria 30 dicembre 1998, n. 38 (Disciplina della valutazione di impatto ambientale), ed ha modificato il comma 5 di tale articolo. 2.– La prima questione concerne l’art. 3, comma 2, e l’allegato A della legge della Regione Liguria n. 32 del 2012, che disciplina, tra l’altro, la valutazione ambientale strategica. Detto art. 3, comma 2, dispone che i piani ed i programmi contemplati nel comma 1, «che hanno ad oggetto l’uso di piccole aree a livello locale e le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 1 sono soggetti a procedura di verifica di assoggettabilità alla VAS di cui all’art. 13, nei casi indicati nell’allegato A, in quanto aventi potenziali effetti sull’ambiente». Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale norma si porrebbe in contrasto con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost., in quanto limiterebbe la verifica di assoggettabilità alla VAS a detti piani e programmi nei soli casi in cui «abbiano potenziali effetti sull’ambiente», in contrasto con l’art. 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42/CE, recepita dall’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006. Queste norme, prevedono, infatti, che «la scarsa rilevanza dell’impatto ambientale può giustificare l’esonero dalla procedura di VAS, e non piuttosto dalla valutazione di assoggettabilità a VAS, così come disposto dalla norma regionale». Il suindicato parametro costituzionale sarebbe, inoltre, violato perché le disposizioni impugnate limiterebbero l’esperimento della procedura in esame ai piani e programmi relativi all’uso di piccole aree a livello locale ed alle modifiche minori dei piani e dei programmi assoggettabili a VAS, riconducibili alle categorie specificate nell’allegato A, con limitazione non prevista dalle norme dell’UE e statali di riferimento, in violazione della competenza legislativa spettante alla Regione. L’impugnato allegato A, nella parte in cui individua i piani ed i programmi di scarso impatto ambientale, esclusi come tali dalla procedura di assoggettabilità a VAS, non solo in base alla natura dell’area interessata, ma anche in base alle dimensioni quantitative dell’intervento, si porrebbe, infine, in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost. L’identificazione delle condizioni per l’espletamento della procedura con riguardo alle dimensioni quantitative dei progetti, come operata nei numeri 4, 5, 6 e 7 di detto allegato A, determinerebbe, infatti, un’indebita commistione tra valutazione ambientale dei piani e dei progetti – in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che non consente di considerare isolatamente i singoli piani o progetti, ma impone di valutare anche gli effetti cumulativi che l’opera può produrre nel contesto territoriale in cui si inserisce – stabilendo, incongruamente, un artificioso nesso fra le proporzioni dell’opera e l’opportunità di svolgere valutazioni sul piano. 2.1.– La questione è fondata. I citati art. 3, comma 2, ed allegato A hanno ad oggetto la verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica (detta anche screening), preordinata ad accertare i casi nei quali determinati piani o programmi devono essere sottoposti alla VAS, disciplinata dal d.lgs. n. 152 del 2006 (in particolare, artt. 6, commi 3 e 3-bis, e 12), in attuazione della direttiva n. 2001/42/CE, concernente la materia «tutela dell’ambiente», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.). In tale ambito, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, interventi specifici del legislatore regionale sono conseguentemente «ammessi nei soli casi in cui essi, pur intercettando gli interessi ambientali, risultano espressivi di una competenza propria della Regione» (tra le più recenti, sentenze n. 58 del 2013, n. 227 e n. 192 del 2011), sempre che non compromettano «un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato» (da ultimo, sentenza n. 145 del 2013). A detta materia è riconducibile, quindi, l’identificazione dei casi nei quali deve essere svolta la procedura di screening e questa Corte ha già ritenuto costituzionalmente illegittime le norme regionali che ne restringono l’ambito di esperibilità rispetto alla disciplina statale (sentenza n. 58 del 2013). Nella specie, va osservato che l’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, per quanto qui interessa, al comma 3 stabilisce: «per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l’autorità competente valuti che producano impatti significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell’area oggetto di intervento». Detto art. 12 disciplina, a sua volta, la «verifica di assoggettabilità» preordinata appunto ad accertare se il piano o programma possa avere impatti significativi sull’ambiente. L’impugnato art. 3, comma 2, dispone, invece, che «i piani ed i programmi di cui al comma 1 che hanno ad oggetto l’uso di piccole aree a livello locale e le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 1 sono soggetti a procedura di verifica di assoggettabilità a VAS di cui all’articolo 13, nei casi indicati nell’allegato A in quanto aventi potenziali effetti sull’ambiente». Il citato allegato A indica poi le ipotesi nelle quali va espletata la procedura di screening ed è stato censurato nella parte in cui «limita l’esperimento della procedura» «ai piani e programmi relativi all’uso di piccole aree a livello locale ed alle modifiche minori», che siano «riconducibili alle categorie» nello stesso specificate e limitatamente ai casi – contemplati nei numeri 4, 5, 6 e 7 – in cui la verifica di assoggettabilità a VAS è stabilita avendo riguardo alle dimensioni quantitative dell’intervento. Dal confronto tra dette norme, risulta chiaro che, come dedotto dal ricorrente, la dimensione quantitativa e l’entità delle modifiche possono giustificare, sulla base di criteri predeterminati, l’esonero dalla procedura di VAS, non dalla verifica di assoggettabilità, la quale é invece l’esito prodotto dalle disposizioni censurate che, in tal modo riducono il livello di tutela ambientale. La previsione contenuta nell’allegato A, in considerazione della formulazione della stessa, ha poi l’effetto di far ritenere non necessaria la verifica di assoggettabilità nei casi nei quali non siano superate le soglie quantitative e dimensionali nella stessa indicate e, come fondatamente sostenuto dall’Avvocatura generale, si pone in contrasto con la normativa statale, non tenendo conto dell’esigenza di una valutazione complessiva dell’intervento, da operare anche nel contesto nel quale si inserisce, imprescindibile per accertarne le ricadute ambientali. L’interpretazione restrittiva propugnata dalla Regione, sul rilievo che le disposizioni censurate avrebbero la mera finalità di indicare «puntualmente le tipologie di piani e programmi in ogni caso soggetti a procedura di verifica di assoggettabilità a VAS», senza escluderne altre a questa sottoposte, in primo luogo, non è plausibile, perché in contrasto con la formulazione lessicale. In secondo luogo, alimenta il dubbio (rimuovibile soltanto mediante la dichiarazione di illegittimità costituzionale) in ordine alla prefigurabilità di fattispecie sottratte «in ogni caso» alla procedura di screening, in contrasto con la disciplina statale, secondo la quale, questa va svolta ed è poi la VAS che può non essere necessaria, qualora ciò risulti all’esito della stessa. Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale del citato art. 3, comma 2, in quanto comporta una restrizione dell’ambito di esperibilità della verifica di assoggettabilità a VAS, nonché dell’allegato A, nella parte in cui, nei numeri 4, 5, 6 e 7, identifica casi di esclusione di detta verifica, in base alle sole dimensioni quantitative degli interventi. »

 

Oggetto:

procedura --> valutazione di impatto ambientale --> regioni e province

Sintesi:

La normativa sulla valutazione d’impatto ambientale attiene a procedure che accertano in concreto e preventivamente la “sostenibilità ambientale” e, quindi, rientrano nella materia della tutela dell’ambiente, sicché, seppure possano essere presenti ambiti materiali di spettanza regionale, deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione del procedimento in esame, il titolo di legittimazione statale ed il legislatore regionale non può ridurre lo standard di tutela fissato dal legislatore statale.

Oggetto:

procedura --> valutazione di impatto ambientale

Sintesi:

È incostituzionale la legge regionale che, in materia di valutazione di impatto ambientale, prevede un regime di pubblicità più restrittivo rispetto alla normativa statale, non contemplando la pubblicazione della richiesta di assoggettamento del progetto a v.i.a. nell'albo pretorio dei Comuni interessati.

Estratto:

« 3.– La seconda questione di legittimità costituzionale ha ad oggetto il citato art. 18, il quale ha modificato la legge regionale n. 38 del 1998, che disciplina la valutazione di impatto ambientale (VIA), inserendo nell’art. 10 della stessa (concernente la «procedura di verifica-screening» preordinata ad accertare la necessità di espletare la VIA) il comma 1-bis, il quale dispone: «Dell’avvenuta trasmissione della richiesta del proponente» di assoggettamento del progetto, ai sensi del comma 1, «è dato avviso a cura del proponente nel Bollettino Ufficiale della Regione Liguria. Dell’avvio del procedimento è data notizia mediante inserimento nel sito web della Regione nonché dei comuni interessati, con indicazione del proponente, dell’oggetto, della localizzazione e la relativa documentazione progettuale e ambientale è messa a disposizione per la consultazione on line». La norma impugnata, successivamente alla proposizione del ricorso, è stata modificata dall’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2013 e nella parte qui rilevante, ora stabilisce: «Dell’avvenuta trasmissione della richiesta di cui al comma 1 è dato avviso a cura del proponente nel Bollettino Ufficiale della Regione Liguria. Dell’avvio del procedimento è data notizia mediante inserimento nel sito web della Regione nonché nell’albo pretorio on line dei comuni interessati con indicazione del proponente, dell’oggetto, della localizzazione e la relativa documentazione progettuale e ambientale è messa a disposizione per la consultazione on line». Secondo il ricorrente, la norma violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto si limita «a prevedere che una copia integrale della documentazione inerente alle istanze per la verifica di assoggettabilità a V.I.A. sia depositata presso i Comuni interessati, omettendo che sia dato avviso della trasmissione nell’albo pretorio degli stessi Comuni, così come stabilito dall’art. 20, secondo comma, primo periodo», del d.lgs. n. 152 del 2006, n. 152. Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale ha contestato che la sopravvenuta modifica della norma in esame abbia eliminato il vizio denunciato, eccependo che «resta tuttora omesso l’obbligo di dare avviso della “avvenuta trasmissione” del progetto preliminare e dello studio preliminare ambientale» in detto albo pretorio. 3.1.– La questione è fondata. Il citato art. 10, comma 1-bis, disciplina: nel primo periodo, la pubblicità «dell’avvenuta trasmissione della richiesta» del proponente; nel secondo periodo, la pubblicità «dell’avvio del procedimento». Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso, ha specificamente denunciato la difformità della norma regionale rispetto all’art. 20, secondo comma, primo periodo, del d.lgs. n. 156 del 2006, che concerne la disciplina dell’avviso dell’avvenuta trasmissione della richiesta. L’Avvocatura generale, nella memoria, ha, inoltre, contestato l’efficacia sanante della modifica realizzata dall’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2013, appunto perché non ha interessato il primo profilo. È, dunque, palese che la norma impugnata dal ricorrente è quella contenuta nel primo periodo del citato art. 10, comma 1-bis, non nel secondo periodo, come invece dedotto dalla Regione, che ha provveduto a modificare quest’ultimo al dichiarato scopo di «tener conto dei rilievi formulati dalla Presidenza del Consiglio» (così nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica). Identificata in tali termini la norma censurata, va ribadito che la normativa sulla valutazione d’impatto ambientale attiene a procedure che accertano in concreto e preventivamente la “sostenibilità ambientale” e, quindi, rientrano nella materia della tutela dell’ambiente, sicché, seppure possano essere presenti ambiti materiali di spettanza regionale, deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione del procedimento in esame, il titolo di legittimazione statale (sentenze n. 28 del 2013, n. 227 del 2011, n. 186 del 2010, n. 234 del 2009) ed il legislatore regionale non può ridurre lo standard di tutela fissato dal legislatore statale. Nella specie, è invece proprio questo l’effetto prodotto dalla limitazione della pubblicità prevista dalla norma regionale e, conseguentemente, va dichiarata l’illegittimità costituzionale del citato art. 10, comma 1-bis, primo periodo, nella parte in cui non prevede che dell’avvenuta trasmissione della richiesta sia dato avviso nell’albo pretorio dei comuni interessati. L’identificazione della norma impugnata nei termini sopra indicati comporta che la modifica introdotta dall’art. 2, comma 1, legge reg. n. 1 del 2013, poiché concerne il secondo periodo del citato art. 10, comma 1-bis, non ha rimosso il vizio denunciato, ma di essa neppure occorre occuparsi, in quanto lo stesso è stato eliminato dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale del primo periodo, il solo impugnato dal ricorrente. »

08/07/2013

Fonte:

http://www.urbium.it

 


 

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