Biomassa da canna ottima soluzione per produrre biogas

Uno dei principali motivi che spiegano l’opposizione sociale abbastanza diffusa al biogas è il fatto che, soprattutto negli anni passati, per la produzione di energia si siano sfruttate soprattutto le colture alimentari dedicate (mais in primo luogo), sottraendo terreni e spazi all’agricoltura.

Da tempo, in realtà, le aziende del biogas stanno puntando sugli scarti zootecnici, che però non possono essere disponibili ovunque in grande quantità. Una novità arriva da una recente ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna, che ha dimostrato come la biomassa della canna può dimostrarsi un’eccellente soluzione per produrre biogas a basso impatto ambientale.

Durante recenti analisi effettuate al Centro di ricerca Interuniversitario biomasse da energia (Cribe) di San Piero a Grado (Pisa) la canna ha fatto registrare un’elevata capacità di produrre metano, in particolare se soggetta al doppio raccolto durante l’anno e può quindi costituire un’interessante alternativa all’impiego del mais.

La canna, inoltre, appare particolarmente indicata per produrre biogas nell’area mediterranea perché ha una grande potenzialità produttiva come biomassa per uso energetico ed è una specie “poliennale” e quindi resta produttiva per 10-15 anni. Richiede inoltre bassi input tecnici e agronomici e ha un’ottima adattabilità a terreni marginali. Soprattutto, non essendo utilizzata per l’alimentazione umana non sottrae terreno fertile per produrre cibo.

Al Cribe, dove è stata effettuata l’analisi sperimentale del potenziale metanigeno, cioè generatore di metano, della biomassa della canna, tutte le prove di “digestione” sono state condotte in base allo standard di riferimento UNI EN ISO 11734:2004, attraverso un sistema statico a ciclo chiuso progettato e realizzato dai ricercatori, per riprodurre e per simulare le reazioni biochimiche che avvengono nei “digestori” su scala reale.

In parallelo alla canna da zucchero i ricercatori del Land Lab stanno valutando la possibilità di utilizzare come substrati per la digestione anaerobica anche altre biomasse residuali, come le sanse, le vinacce, le buccette di pomodoro, i panelli di spremitura delle alghe, i materiali lignocellulosici, gli olii vegetali, i grassi animali, la carta da macero. Tutti questi residui di diversi sistemi agro-industriali potrebbero infatti inserirsi nella filiera del biogas e costituire ulteriori fonti di reddito per sostenere l’intero sistema agro-alimentare italiano.

“Obiettivo primario – spiegano i ricercatori – è soprattutto contribuire in maniera ‘sostenibile’ ed economicamente interessante al corretto sviluppo delle tecnologie energetiche alternative, nell’ambito di una crescente attenzione per la cosiddetta ‘green economy’ e per sviluppare un’agricoltura a ridotte emissioni di carbonio”.

23/02/2014

Fonte:

http://www.tekneco.it