Panoramica sulle energie rinnovabili: classificazione, descrizione, impiego

Vi proponiamo un approfondimento sulla questione aperta delle energie pulite e rinnovabili

Ma cosa sono le energie rinnovabili ? Sono da considerarsi energie rinnovabili quelle forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono “esauribili” nella scala dei tempi “umani” e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.

 

Mentre da un punto prettamente scientifico tale definizione non è rigorosa, in quanto in base ai postulati necessari per definire il primo principio della termodinamica (per cui nulla si crea o si distrugge), tutte le forme di energia sarebbero da considerarsi rinnovabili, da un punto di vista sociale, e quindi politico, si crea la distinzione in uso oggi fra fonti di energia considerate rinnovabili (il sole, il vento, ecc…), il cui utilizzo attuale non ne pregiudica la disponibilità nel futuro, e quelle non rinnovabili, le quali sia per avere lunghi periodi di formazione di molto superiori a quelli di consumo attuale (in particolare fonti fossili quali petrolio, carbone, gas naturale), sia per essere presenti in riserve non inesauribili sulla scala dei tempi umana (in particolare l’isotopo 235 dell’uranio, l’elemento più utilizzato per produrre energia nucleare), sono limitate nel futuro.La classificazione delle diverse fonti è dunque soggetta a molti fattori, non necessariamente scientifici, creando di fatto situazioni di non uniformità di giudizio tra i diversi soggetti interessati.

 

 

Classificazione delle fonti rinnovabili
Come già enunciato, non esiste una definizione univoca dell’insieme delle fonti rinnovabili, esistendo in diversi ambiti diverse opinioni sull’inclusione o meno di una o più fonti nel gruppo delle “rinnovabili”. Secondo la normativa di riferimento italiana, vengono considerate “rinnovabili”: « …il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici. »

Rientrerebbero in questo campo dunque:
• Energia idroelettrica
o energia mareomotrice (o delle maree)
o energia del moto ondoso
o energia talassotermica
• Energia geotermica
• Energia solare
o Solare termico e termodinamico
o Solare fotovoltaico
• Energia eolica
• Energia da biomasse
o Biocarburanti, Gassificazione
o Oli vegetali
o Cippato
• Termovalorizzazione
o Combustibile derivato dai rifiuti (o “CDR”)
o Dissociazione molecolare

Una distinzione che spesso viene fatta in tale ambito è quella tra fonti rinnovabili “classiche” (essenzialmente idroelettrico e geotermia) e fonti rinnovabili “nuove” (anche dette “NFER”), tra cui vengono generalmente incluse l’energia solare, eolica e da biomassa.
Nell’ambito della produzione di energia elettrica le fonti rinnovabili vengono inoltre classificate in “fonti programmabili” e “fonti non programmabili’, a seconda che possano essere programmate in base alla richiesta di energia oppure no. Secondo la definizione del Gestore Servizi Elettrici (GSE, anche conosciuto come GRTN), nel primo gruppo rientrano “impianti idroelettrici a serbatoio e bacino, rifiuti solidi urbani, biomasse, impianti assimilati che utilizzano combustibili fossili, combustibili di processo o residui”, mentre nel secondo gruppo (non programmabili) si trovano “impianti di produzione idroelettrici fluenti, eolici, geotermici, fotovoltaici, biogas”
Talvolta, in alcuni ambiti, anche risparmio energetico ed efficienza energetica sono considerate -per estensione – “fonti rinnovabili”, sebbene a rigore tali tematiche facciano parte dell’utilizzo razionale dell’energia, e non della loro produzione. Taluni, ancora, considerano questi due aspetti, legati all’uso piuttosto che alla produzione, all’interno della categoria dell’energia sostenibile.

Il caso della termovalorizzazione
A proposito della termovalorizzazione dei rifiuti, è da notare che solo in Italia (in violazione delle direttive europee in materia) viene considerata rinnovabile totalmente l’energia prodotta dalla termovalorizzazione (cioè dall’incenerimento) laddove la UE considera invece “rinnovabile” solo la parte organica dei rifiuti (ovvero gli scarti biodegrabili).
Fonte rinnovabile, per la UE, significa quindi riproducibile dal Sole attraverso la fotosintesi e la catena trofica.
Tale posizione è condivisa da gran parte dei movimenti ambientalisti, per i quali deve essere scartata da tale computo l’energia prodotta dai rifiuti solidi urbani, in quanto questi sono prodotti anche con materie prime fossili o prodotti sintetici non biodegradabili. La sola parte organica dei rifiuti sarebbe dunque da considerarsi realmente “rinnovabile”.

Il caso del nucleare
Sebbene “non fossile”, l’energia nucleare non è tradizionalmente considerata rinnovabile in quanto, per lo meno per quanto riguarda l’energia nucleare da fissione e il ciclo di reazione che si basa sull’uranio-235 come combustibile (ovvero in pratica il ciclo quasi esclusivamente sfruttato allo stato attuale), il suo utilizzo dipende comunque da riserve limitate di materiali. L’uranio-235 infatti costituisce solo lo 0,7% del totale dell’uranio presente in natura, e in base alle riserve di uranio fino ad oggi accertate si prevede che al consumo attuale non ne resti che per 200 anni, secondo l’ipotesi più riduttiva.
Tuttavia, sono stati dimostrati come effettivamente sfruttabili altri cicli di reazione nucleare da fissione del tipo cosiddetto autofertilizzante realizzati in appositi reattori del tipo detto reattore nucleare veloce autofertilizzante. In questi cicli di reazione, il combustibile è costituito da elementi fissili non presenti in natura e pertanto sintetizzati artificialmente all’interno del reattore stesso a partire da un materiale fertile la cui abbondanza in natura permette un periodo di sfruttamento al di là della scala dei tempi umani. Ad esempio, uno di questi cicli prevede l’utilizzo di plutonio-239 come combustibile, un elemento fissile non presente in natura e finora sintetizzato artificialmente solo per la produzione di armi nucleari. Il plutonio è sintetizzato all’interno dei reattori nucleari a partire dal più abbondante in natura uranio-238 (che è dunque il materiale fertile) per assorbimento di un neutrone. In questo tipo di reattori autofertilizzanti dunque, è il reattore stesso che autoproduce il suo carburante, e per tale ragione questo tipo di energia corrisponderebbe alla definizione di energia rinnovabile. Tuttavia nell’ambito dei movimenti ambientalisti vi è una forte reticenza nel considerare il nucleare da fissione autofertilizzante come una energia rinnovabile.
Infine l’energia nucleare da fusione nel ciclo del deuterio e trizio, è prodotta a partire da elementi in pratica inesauribili in natura, estraibili dall’acqua del mare, e pertanto anche da considerarsi energia rinnovabile secondo la definizione data sopra. In questo caso però, per quanto dimostrazione dell’elevato rendimento della reazione è dato dalla realizzazione pratica di armi nucleari (la bomba H]), a tutt’oggi è tecnicamente impossibile realizzare reattori che riescano a confinare la reazione per un suo sfruttamento a scopi pacifici. E questo permarrà ancora per almeno 50 anni, secondo le stime più ottimistiche. Pertanto appare sterile cercare di classificare questa forma di energia non attualmente disponibile.
Secondo alcuni studi infine, neanche l’energia geotermica sarebbe da considerare “totalmente rinnovabile”.

 Dettagli sulle fonti rinnovabili
Fonti rinnovabili classiche

Le fonti rinnovabili generalmente dette “classiche” sono quelle che vengono sfruttate per la produzione di energia elettrica fin dall’inizio dell’età industriale. Il loro uso futuro dipende dall’esplorazione delle risorse potenziali disponibili, in particolare nei paesi in via di sviluppo e dalle richieste in relazione all’ambiente e all’accettazione sociale.
Tra le più antiche si trovano certamente le centrali idroelettriche, che hanno il vantaggio di avere lunga durata (infatti molte delle centrali esistenti sono operative da oltre 100 anni). Inoltre le centrali idroelettriche sono pulite e hanno poche emissioni. Tuttavia si è scoperto che le emissioni sono apprezzabili soltanto se associate con bacini poco profondi in località calde (tropicali). In generale le centrali idroelettriche producono molte meno emissioni nel loro “ciclo vitale” rispetto agli altri tipi di generazione di corrente. Altre critiche dirette alle grosse centrali idroelettriche a bacino includono lo spostamento degli abitanti delle zone in cui si decide di fare gli invasi necessari alla raccolta dell’acqua e il rilascio di grosse quantità di anidride carbonica durante la loro costruzione e l’allagamento della riserva.
L’energia prodotta, che ebbe un ruolo fondamentale durante la crescita delle reti elettriche nel XIX e nel XX secolo, sta sperimentando una rinascita della ricerca nel XXI secolo. Le aree con più elevata crescita nell’idroelettrico sono le economie asiatiche in forte crescita, con la Cina in testa; tuttavia anche le altre nazioni asiatiche stanno installando molte centrali idroelettriche. Questa crescita è guidata dai crescenti costi energetici – specialmente per le energie importate – e il desiderio diffuso di generazione energetica “in casa”, pulita, rinnovabile ed economica.
Le centrali geotermiche possono funzionare 24 ore al giorno, fornendo un apporto energetico di base e nel mondo la capacità produttiva potenziale stimata per la generazione geotermica è di 85 GW per i prossimi 30 anni. Tuttavia l’energia geotermica è accessibile soltanto in aree limitate del mondo, che includono gli Stati Uniti, l’America centrale, l’Indonesia, l’Africa orientale, le Filippine e l’Italia. Il costo dell’energia geotermica è diminuito drasticamente rispetto ai sistemi costruiti negli anni ’70. La generazione di calore per il riscaldamento geotermico può essere competitivo in molti paesi in grado di produrlo, ma anche in altre regioni dove la risorsa è a una temperatura più bassa.

Nuove fonti di energia rinnovabile
Il mercato per le tecnologie delle NFER è forte e in crescita principalmente in paesi come la Germania, la Spagna, gli Stati Uniti e il Giappone. La sfida è allargare le basi di mercato per una crescita continuativa nel mondo. La diffusione strategica in un paese non solo riduce i costi della tecnologia per gli utenti locali, ma anche per quelli negli altri paesi, contribuendo a una riduzione generale dei costi e al miglioramento delle prestazioni.
I sistemi di riscaldamento solare sono tecnologie di seconda generazione ben conosciute e generalmente consistono di collettori termici solari, un sistema fluidodinamico per trasferire il calore dal collettore al punto di utilizzo e un serbatoio o una cisterna per lo stoccaggio del calore per usi successivi. Tali sistemi possono essere usati per riscaldare l’acqua domestica, quella delle piscine o per riscaldare ambienti. Il calore può anche essere usato per applicazioni industriali o come sorgente energetica per altri usi, come i dispositivi di raffreddamento. In molte zone climatiche un sistema di riscaldamento solare può fornire una percentuale molto alta (dal 50 al 75%) dell’energia necessaria a riscaldare l’acqua domestica.

Negli anni ’80 e nei primi anni ’90 la maggior parte dei moduli fotovoltaici fornivano energia elettrica soltanto per le regioni isolate (non raggiungibili dalla rete elettrica), ma circa dal 1995 gli sforzi industriali si sono concentrati in modo considerevole sullo sviluppo di pannelli fotovoltaici integrati negli edifici e centrali allacciate alla rete elettrica. Attualmente la più grande centrale elettrica fotovoltaica nel nord America è quella presso la Nellis Air Force Base (centrale da 15 MW). Ci sono proposte per la costruzione di una centrale solare nel Victoria in Australia, che diverrebbe la più grande al mondo con una capacità produttiva di 154 MW. Altre grosse centrali fotovoltaiche, progettate o in costruzione, includono la centrale elettrica “Girrasol” (da 62 MW), e il “Parco Solare di Waldpolenz” in Germania (da 40 MW).
Alcune delle rinnovabili di seconda generazione, come l’eolico, hanno molto potenziale e hanno già raggiunto dei bassi costi di produzione, comparabili con quelli delle altre fonti di energia. Alla fine del 2006 la capacità di produzione mondiale tramite generatori eolici era di 74,223 megawatt e nonostante attualmente fornisca meno dell’1% del fabbisogno mondiale, produce circa il 20% dell’elettricità in Danimarca, il 9% in Spagna e il 7% in Germania. [15][16] Tuttavia esistono alcune resistenze al posizionamento delle turbine in alcune zone per ragioni estetiche o paesaggistiche. Inoltre in alcuni casi potrebbe essere difficile integrare la produzione eolica nelle reti elettriche a causa dell’”aleatorietà” dell’approvvigionamento fornito.

Il Brasile ha uno dei più grandi programmi per l’energia rinnovabile al mondo, coinvolgendo la produzione di bioetanolo dalla canna da zucchero e l’etanolo ora fornisce il 18% del carburante automobilistico. Come risultato, assieme allo sfruttamento delle locali profonde riserve petrolifere, il Brasile, che in passato doveva importare una grande quantità di petrolio necessario al consumo interno, ha recentemente raggiunto la completa autosufficienza petrolifera.
La maggior parte delle automobili usate oggi negli Stati Uniti possono utilizzare miscele fino al 10% di etanolo, e i costruttori di motori stanno già producendo veicoli progettati per utilizzare miscele con percentuali più elevate. La Ford, la Daimler AG e la General Motors sono tra le compagnie produttrici di automobili, camion e furgoni “flexible-fuel” (letteralmente a “carburante flessibile”) che utilizzano miscele di benzina e etanolo dalla benzina pura sino all’85% di etanolo (E85). Dalla metà del 2006 sono stati venduti circa sei milioni di veicoli E85 compatibili negli Stati Uniti.
Le tecnologie che sono ancora in corso di sviluppo includono la gassificazione avanzata delle biomasse, le tecnologie di bioraffinazione, le centrali solari termodinamiche, l’energia geotermica da rocce calde e asciutte (Hot-dry-rock) e lo sfruttamento dell’energia degli oceani (energia talassotermica, mareomotrice e del moto ondoso). Tali tecnologie non sono ancora completamente testate o hanno una commercializzazione limitata. Molte sono all’orizzonte e potrebbero avere un potenziale comparabile alle altre forme energetiche rinnovabili, ma dipendono ancora dal dover attrarre adeguati investimenti in RD&D (Ricerca, Sviluppo e Dimostrazione).
Secondo l’IEA, le nuove tecnologie bioenergetiche (biocarburanti) che si stanno sviluppando oggi, in particolare le bioraffinerie per l’etanolo dalla cellulosa, potrebbero permettere ai biocarburanti di giocare un ruolo molto più importante nel futuro di quanto si pensasse in precedenza.[21] L’etanolo da cellulosa si può ottenere da materia organica di piante composta principalmente da fibre di cellulosa non commestibili che ne formano gli steli e i rami. I residui delle coltivazioni (come i gambi del mais, la paglia del grano e del riso), gli scarti di legno e i rifiuti solidi cittadini sono sorgenti potenziali di biomassa di cellulosa. Colture dedicate alla produzione energetica, come il panicum virgatum, sono promettenti fonti di cellulosa che possono essere sostenibilmente prodotte in molte regioni degli Stati Uniti.

Le centrali solari termodinamiche sono state rese operative commercialmente con successo in California alla fine degli anni ’80, comprendendo la più grande centrale solare di ogni genere, le centrali del gruppo Solar Energy Generating Systems da 350 MW totali. La Nevada Solar One è un’altra centrale da 64 MW recentemente aperta. Altre centrali solari paraboliche proposte sono le due da 50 MW in Spagna e una da 100 MW in Israele.
In termini di sfruttamento dell’energia degli oceani, un’altra delle tecnologie di terza generazione, il Portogallo ha la prima centrale a onde marine commerciale al mondo, l’Aguçadora Wave Park, in costruzione dal 2007. La centrale userà inizialmente tre macchine Pelmis P-750 in grado di generare 2,25 MW e i costi sono stimati intorno agli 8,5 milioni di euro. Nel caso si rivelasse un successo, altri 70 milioni di euro saranno investiti prima del 2009 in altre 28 macchine per generare 525 MW. Sono stati annunciati in Scozia nel febbraio del 2007 finanziamenti per una centrale a onde marine dal Governo scozzeze, per un costo di oltre 4 milioni di sterline, come parte di un pacchetto di investimenti di 13 milioni di sterline per l’energia oceanica in Scozia. La centrale sarà la più grande al mondo con una capacità di 3 MW generata da quattro macchine Pelamis.

Nel 2007 la prima centrale al mondo ad Energia mareomotrice di concezione moderna viene installata nello stretto di Strangford Lough in Irlanda (sebbene in Francia una centrale di questo tipo, con sbarramento, fosse gia in funzione negli anni ’60). Il generatore sottomarino da 1,2 megawatt, parte dello schema per il finanziamento per l’ambiente e le energie rinnovabili nell’Irlanda del nord, approfitterà del veloce flusso di marea (fino a 4 metri al secondo) nel braccio di mare. Anche se ci si aspetta che il generatore produca abbastanza energia per rifornire un migliaio di case, le turbine avranno un impatto ambientale minimo, poiché saranno quasi completamente sommerse e il movimento dei rotori non costituisce un pericolo per la fauna selvatica poiché girano a una velocità relativamente bassa.

I pannelli solari che usano la nanotecnologia, che può costruire circuiti a partire da singole molecole di silicio, potrebbero costare la metà delle tradizionali celle fotovoltaiche, secondo quanto dicono i dirigenti e gli investitori coinvolti nello sviluppo dei prodotti. La Nanosolar si è assicurata investimenti per oltre 100 milioni di dollari per costruire una fabbrica per pellicole sottili per pannelli solari. La centrale della compagnia prevede una capacità produttiva di 430 MWp (Megawatt di picco) di celle solari per anno. La produzione commerciale è cominciata e i primi pannelli sono stati ordinati dai clienti alla fine del 2007.

 Produzione rinnovabile italiana

Per lungo tempo (fino a circa i primi anni ’60) la produzione energetica italiana è stata in larga parte rinnovabile, grazie in particolare alle centrali idroelettriche dell’arco alpino e, in misura minore, dell’Appenino (oltre a quote minori relative alla geotermia in Toscana). Oggi tuttavia, a causa dell’accresciuta richiesta di energia, nonché al quasi esaurimento della possibilità di nuove grandi installazioni idroelettriche, le rinnovabili rappresentano solo quote marginali della produzione.
Nel 2006 l’Italia ha prodotto quasi 52,2 TWh di elettricità da fonti rinnovabili, pari al 15,4% del totale di energia elettrica richiesta, con il 12,05% proveniente da fonte idroelettrica e la restante parte data dalla somma di geotermico, eolico e combustione di biomassa o rifiuti. Con tali valori, circa il 90% della produzione rinnovabile è prodotto con impianti definiti “programmabili”.
Con tali valori, l’Italia risulta essere il quarto produttore di elettricità da fonti rinnovabili nell’UE-15, seppur ancora lontana dagli obiettivi comunitari previsti, che prevedono la produzione del 22% di energia richiesta da fonte rinnovabile entro il 2010.
È da notare, tuttavia, che negli ultimi anni la produzione rinnovabile italiana è cresciuta molto poco o si è mantenuta pressoché stabile, nonostante una forte crescita della fonte eolica (seppur con basse percentuali), a causa di una sostanziale stasi della preponderante produzione idroelettrica, di fatto quasi giunta alla saturazione del potenziale economicamente sfruttabile. A ciò si deve aggiungere che, come detto, l’Italia a differenza di quanto avviene nel resto dell’UE, è l’unica a considerare l’energia prodotta da termovalorizzazione come interamente rinnovabile.
Inoltre, nonostante gli incentivi, l’Italia deve anche fare i conti con ritardi legislativi e di adeguatezza delle reti di distribuzione.
In Sicilia sono stati effettuati studi e applicazioni sulla produzione energetica da biomasse costituite da scarti agroalimentari.

Impatto ambientale delle fonti rinnovabili
Sono fonti di energia che possono permettere uno sviluppo sostenibile all’uomo, senza che si danneggi la natura e per un tempo indeterminato. Alcune di questi tipi di energia (in particolare quella solare) possono essere microgenerate, ossia prodotte in piccoli impianti domestici che possono soddisfare il bisogno energetico di una singola abitazione o piccolo gruppo di abitazioni. Questo permette di risparmiare l’energia che si perde nella fase di distribuzione di energia elettrica, per esempio sugli elettrodotti, sebbene comporti anche la necessità di ridefinire la struttura della rete elettrica nazionale.
Si deve comunque ricordare che è ancora oggetto di discussione il fatto che sia realmente possibile soddisfare tutto l’attuale fabbisogno energetico del pianeta solo con il potenziale energetico proveniente da fonte rinnovabile.

 

16/03/2010

Fonte:  http://www.medeaonline.net

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