Previsione di forte sviluppo per il settore della cogenerazione residenziale

La cogenerazione può avere un futuro anche se di taglia mini? In realtà il “dimagrimento” appare una strada quasi obbligata per il futuro sviluppo di questa tecnologia. È però bene, innanzitutto, intendersi con le definizioni: da un punto di vista ufficiale con “piccola cogenerazione” si indicano le unità di cogenerazione con capacità di generazione installata inferiore a 1 MW; con “micro-cogenerazione” si intendono, invece, le unità di cogenerazione con capacità di generazione installata inferiore a 50 kW. Il contributo attuale di entrambe le tipologie è modesto, ma di notevole interesse, soprattutto per le applicazioni residenziali.

L’attenzione, in particolare, per la microcogenerazione è motivata anche dalle analisi delle potenzialità del mercato complessivo della cogenerazione: ormai largamente sviluppato il potenziale dei grandi impianti industriali e del grande terziario (quali ospedali e aeroporti), in sviluppo, sia pur lento, le applicazioni nelle piccole taglie (sotto il MW), prevalentemente nelle utenze dei servizi, si guarda ora alle utenze del settore residenziale, oltre che dei servizi, settori nei quali, tra l’altro, i consumi elettrici risultano ancora in crescita. Il vantaggio è che, producendo elettricità e calore sul posto, si recuperano le grosse perdite di energia calorica determinate dalla generazione centralizzata di elettricità, si evitano i problemi di trasmissione e l’efficienza netta sull’energia primaria utilizzata aumenta notevolmente.

Non è disponibile, purtroppo, un dato ufficiale sulle macchine in funzione, ma da stime Fire basate su dati Italcogen e su interviste realizzate con i principali fornitori, si parla di circa 300-500 impianti sotto i 200 kW installati annualmente, di cui un 20-30% circa da ricondurre alla microcogenerazione. In Europa si viaggia intorno alle 5.000-6.000 unità l’anno. “Le macchine sotto i 20 kWe presentano costi unitari per kW più elevati e un maggiore impatto dei costi di manutenzione. Ci si confronta però con prezzi dell’energia più alti, tuttavia possono comunque esserci condizioni favorevoli per l’investimento. I mercati più interessanti per le piccolissime taglie (intorno a 1kW) sono Germania e Regno Unito, grazie anche a un regime di sostegno e alla semplificazione burocratica”, spiega il presidente Fire, Davide Di Santo.

Certo, gli svantaggi non mancano, soprattutto in un Paese come l’Italia, dove il fabbisogno di calore residenziale è concentrato nei mesi invernali (in estate non c’è quasi bisogno di energia termica); questo fattore comporta un allungamento dei tempi di ritorno dell’investimento perché il cogeneratore riesce a lavorare meno ore l’anno. Il sostegno statale, almeno in questa fase, non è poi certo dei migliori; un piccolo cogeneratore può beneficiare del Ritiro dedicato (Rid) oppure dello scambio sul posto (Ssp), quest’ultimo solo fino ai 200 kW di potenza.

Come ha spiegato Stefano Campanari, docente del Dipartimento di energia del Politecnico di Milano, in un recente convegno organizzato dal Fire, la piccola cogenerazione, visti gli indubbi benefici energetici e ambientali che può portare, meriterebbe un trattamento meno sfavorevole. “Occorre affrontare le seguenti problematiche collegate alla microcogenerazione: i piccoli impianti soffrono per i costi e i tempi della burocrazia (autorizzazioni, antincendio, fiscalità, collegamento alla rete), il costo di interfaccia di rete, il contatore fiscale, la complessità della richiesta di incentivo, ecc. Nei condomini non è possibile vendere l’energia elettrica a singoli utenti, ma solo adoperarla per gli usi comuni (ascensori, illuminazione scale e androni, caldaie, ecc.), riducendo così i benefici economici rispetto all’autoconsumo. Inoltre, i limiti di emissione nelle aree urbane, in particolare nel Centro-Nord, aumentano i costi dei microcogeneratori. Bisogna poi considerare i possibili effetti negativi di vibrazioni e rumore scarichi con funzionamento a regime variabile”.

Una serie di problematicità emergono anche da una recente analisi di cinque diversi impianti di microcogenerazione effettuata dal Fire. La più evidente è che, purtroppo, tali applicazioni sono ancora da considerarsi prototipali, per il loro inserimento nel mercato nazionale e i conseguenti aggiustamenti relativi al package, al collegamento con le utenze e alla regolazione e gestione delle macchine. Inoltre, sarebbe molto utile per la microcogenerazione un programma di incentivazione per progetti pilota, in grado di coprire le spese per installare sistemi di monitoraggio e sperimentare sistemi di riduzione del rumore e delle vibrazioni. Dal punto di vista normativo emerge che un’innovazione regolatoria positiva sarebbe la definizione di sistemi di produzione e consumo complessi caratterizzati dalla presenza di più utenti sottesi al medesimo punto di connessione (tecnicamente le reti 1-n), che consentirebbe di promuovere al meglio la diffusione di applicazioni di generazione distribuita, correttamente dimensionate nel settore residenziale e, in particolare, nei condomini.

Nonostante queste difficoltà, secondo un report di Pike Research, la cogenerazione per il settore residenziale (resCHP) è destinata a conoscere un enorme sviluppo su scala globale nei prossimi anni. Questa tecnologia ha già conosciuto una buona crescita negli ultimi anni (+ 67,4% tra 2009 e 2011), ma il dato è influenzato dall’attuale bassa diffusione, con soli 61.000 sistemi commercializzati a livello mondiale nel 2011. Ma, secondo Pike Research, il boom è destinato a consolidarsi: le installazioni per la cogenerazione residenziale conosceranno, infatti, un tasso di crescita annuale del 49% nelle singole abitazioni e del 44% nelle case plurifamiliari. Il numero di macchine cogenerative in ambito residenziale raggiungerà così i 13,5 milioni di unità entro il 2022, stima la società.

Diversi fattori di lungo periodo favoriranno la microcogenerazione: innanzitutto la volatilità dei mercati, che renderà instabili i prezzi finali dell’energia, ma anche l’aumento dei livelli di scarsità di carburante in molti Paesi. Inoltre, l’invecchiamento dei sistemi di trasmissione, che porta con sé blackout e inefficienze di varia natura, dovrebbe favorire lo sviluppo di una tecnologia capace di fare a meno della rete tradizionale. Una delle soluzioni più performanti, in termini di efficienza netta e impatto ambientale per la cogenerazione a piccole taglie, è senza dubbio la pila a combustibile (Fuel cells), che sta avendo particolare successo in Giappone e Stati Uniti: si tratta di dispositivi elettrochimici che convertono il gas di rete direttamente in elettricità e calore, senza l’ausilio di processi di combustione o di parti in movimento. Il forte potenziale di quest’applicazione sta nel fatto che sia l’elettricità che il calore necessari per una famiglia possono essere prodotti in casa da un unico vettore energetico, quale gas di rete, Gpl o anche biogas.

20/03/2014

Fonte:

http://www.tekneco.it

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