Come scegliere il giusto impianto di riscaldamento domestico

L’offerta di svariati impianti per il riscaldamento domestico, ampliatesi negli ultimi anni, ha reso la questione, per chi deve scegliere l’impianto da installare ed il combustibile da utilizzare, ingarbugliata. Una cosa è certa invece: trovare soluzioni efficaci a costi contenuti, parallelamente alla riduzione delle emissioni inquinanti.

Queste ultime sembrano aver invertito la rotta nel periodo successivo agli accordi di Kyoto: EurActiv afferma infatti che i Paesi firmatari del protocollo di Kyoto hanno prodotto il 7,5% di gas serra in meno nel periodo successivo all’accordo sino al 2010. Il problema delle emissioni inquinanti, concentrazioni di particolato e ozono, non è però terminato, lo ha dimostrato il Summit di Durban, conclusosi con un nuovo progetto, un nuovo trattato vincolante per ridurre le emissioni di gas serra entro il 2015.

Ora, se pensiamo ai combustibili utilizzati e ai sistemi installati dovremmo avere chiare le seguenti informazioni: oltre il 70% dei sistemi utilizzati per il riscaldamento, tra stufe tradizionali a legna e camini hanno una bassissima efficienza, oltre che essere le sorgenti inquinanti per l’uomo con alti livelli di monossido di carbonio e composti organici volatili.

Vengono infatti oggi sostituiti da stufe a legna o pellet ad alta efficienza, metano e GPL. Il riscaldamento domestico, inoltre, produce inquinanti che si liberano nelle città a livello del suolo e quindi dovremmo imparare a riconoscere quali sono i combustibili che limitano questi danni.

Da ciò deriva la necessità di avere a disposizione una completa panoramica di come si può agire, iniziando da una chiarezza legislativa che ad oggi non è sufficiente. Tra le biomasse il pellet è una delle più utilizzate: gli scarti della lavorazione del legno hanno emissioni di CO2 quasi nulle e bruciano completamente con ceneri residue minime, anche se viene dichiarato che attualmente la capacità tecnologica di trasformare le biomasse in calore, energia elettrica e biocombustibili sembra non sia in grado di ottenere rendimenti elevati, necessitando inoltre di sussidi alla ricerca.

Ora i prezzi dei combustibili. Osserviamo le informazioni che il Centro tutela consumatori ha pubblicato:

- Gasolio - 1,275 € con valore energetico pari a 10 kWh
- Gas metano - 0,823 €/m³ con valore energetico pari a 9,8 kWh
- Pellets - 0,252 €/kg con valore energetico pari a 4,8 kWh
- Legna spezzata mista - 0,151 €/kg con valore energetico pari a 4,3 kWh
- Teleriscaldamento - (incl. eventuale tassa fissa annuale) 0,092 €/kWh con valore energetico pari a 1 kWh

I prezzi, con riferimento all’1 ottobre 2011, hanno assunto come riferimento il consumo medio annuo (15.000 kWh, pari a ca. 1500 litri di gasolio) di una famiglia che vive in un edificio della categoria termica classe C. Il confronto ha diviso i prezzi unitari per la resa energetica e si è aggiunto in seguito il costo per kilowattora. Per comparare tra loro i diversi combustibili si è provveduto a dividere i rispettivi prezzi unitari (ad es. 1,275/l per il gasolio) per la resa energetica (ad es. 1 litro di gasolio = 10 kWh). In questo modo si è ottenuto il costo per kilowattora (kWh) di ciascun combustibile.

Facciamo un esempio: un litro di gasolio costa 1, 275 € e vale 10 kWh, il che significa che il prezzo del kWh sarà di € 0,128. Ora dalla tabella risulta che il combustibile più conveniente sia la legna spezzata mista, che per kWh costerebbe 0,035 €. Ma prima di decidere quale combustibile utilizzare e quale sistema installare nelle proprie case per il riscaldamento, è utile quindi fare un confronto tra costo di acquisto, spese sostenute per il tipo di combustibile e i costi relativi alla manutenzione.

Approfondiamo quindi. Sempre il Centro Tutela Consumatori ha calcolato nel 2009 il costo per il riscaldamento di diversi fonti energetiche. In un edificio con fabbisogno annuo di 15.000 kWh, classe C, classificazione Casa Clima, che necessita di una caldaia da 15 kW, sono stati considerati i costi di installazione, manutenzione e acquisto del combustibile per venti anni.

Ecco i risultati:
I più cari sono risultati i sistemi a gasolio e GPL, oltre i 70.000 €, il gasolio oltre i 70.000 €. Tra quelli meno cari troviamo pellets 36.000 € circa, legna 29.000 € circa, teleriscaldamento 33.000 €. Andiamo ancora più a fondo. Parliamo di consumi annui, che è quello che interessa alle nostre tasche.

Pensiamo di dover riscaldare un appartamento di circa 100 mq. 180 giorni all’anno con un bisogno di 10.000 kCal/h, prendiamo i prezzi pubblicati sopra e calcoliamo facendo un solo confronto e arrotondando:

- Gasolio: 180 giorni x 24 ore x 10.000 kCal x € 0,128 : 1000 = 5.529 €
- Pellets: 180 giorni x 24 ore x 10.000 kCal x € 0,053 : 1000 = 2.289 €

Per ultimo parliamo di emissioni inquinanti nell’aria degli apparecchi:

Dai dati possiamo immediatamente vedere che il costo dell’energia da biomassa è inferiore a quello dei combustibili fossili, e questi ultimi, oltre ad essere sempre più costosi, mettono in circolo nuovo CO2 (anidride carbonica). Si nota invece immediatamente che il costo dell’energia da biomassa vegetale risulta, in tutti i casi, nettamente inferiore. Quest’ultima rappresenta un fonte energetica rinnovabile che non incrementa l’effetto serra.

I camini, le stufe a legna tradizionali, le stufe a pellets emettono grandi quantità di monossido di carbonio, polveri sottili, ossidi di azoto e composti organici volatili, ma CO2 pari a zero. Il metano, il gasolio e il GPL invece hanno bassi livelli di monossido di carbonio, tossico e mortale, ma livelli medi di emissione di CO2.

Il risultato è che il monossido di carbonio si forma bruciando qualsiasi combustibile, ma che tende a diminuire quando aumenta il rendimento termico e a scomparire quando la combustione è completa. La scelta in questo caso si direzionerebbe verso stufe e caldaia con tecnologia post- combustione, che consiste nel bruciare il CO presente nei fumi.

Ultimo ma non meno importante le biomasse sono energia pulita, e il loro utilizzo implementa la sostenibilità ambientale: è pur vero infatti che la loro lavorazione ha un peso importante in termine di emissioni ma se ragioniamo a 360 gradi le opere di riforestazione che destinano aree non utilizzabili altrimenti alla coltivazione di biomasse, consentono il recupero di aree verdi e di terreni altrimenti dimenticati, oltre al fatto di rinfoltire quel polmone verde che ci permette di vivere degnamente.

 

29/12/2011

 


 

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Fonte:

http://www.reteingegneri.it

 

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