Cosa sono, come funzionano e quanto convengono le caldaie a condensazione?

La caldaia a condensazione è prima di tutto una normale caldaia a gas (in genere GPL o Metano) nella quale sono presenti i circuiti per la produzione di acqua calda sanitaria (se prevista) e per il riscaldamento domestico.

Per comprendere la particolarità di questa soluzione, è importante prima comprendere il funzionamento di una caldaia tradizionale.

Durante la combustione le temperature raggiungono valori elevati permettendo la cessione del calore generato  al fluido dell’impianto di riscaldamento mediante uno scambiatore di dimensioni opportune, situato all’interno del corpo della caldaia.

Non tutto il calore sviluppato dalla combustione è in grado di venire ceduto al fluido termovettore, in particolare per limiti nell’estensione dello scambiatore e per la necessità di esitare condense acide al camino, infatti i fumi risultano particolarmente acidi ed aggressivi e per tale motivo vengono evacuati ad una temperatura alla quale si è certi dell’assenza di condensa.

Le temperature alle quali vengono normalmente evacuati i fumi sono dell’ordine dei 200 ÷ 250°C per caldaie tradizionali a bassa efficienza e di 140 ÷ 160°C per caldaie tradizionali ad elevata efficienza.

Introducendo un particolare scambiatore in grado di condensare i fumi risulta possibile ridurre la temperatura degli stessi su valori dell’ordine dei 40°Crecuperando oltre alla quota di “calore sensibile” tra la temperatura dei fumi e la temperatura di condensazione degli stessi, anche la parte relativa al cosiddetto “calore latente” dovuto alla condensazione dei fumi.

Tale recupero di calore è reso possibile dall’impiego di materiali in grado di resistere all’attacco degli acidi condensati, quali acciai inossidabili e materiali plastici resistenti al calore, e permette di operare il preriscaldamento dell’acqua del circuito di ritorno dell’impianto di riscaldamento.

Seguendo il percorso fumi ed il percorso acqua si puo’ notare come essi siano controcorrente per massimizzare lo scambio termico.

L’EQUIVOCO SUL RENDIMENTO – PCI E PCS

Indicando con PCIPCS rispettivamente il potere calorifico inferiore e superiore del combustibile, e valutando il rendimento secondo l’usuale equazione:

ηcomb = Qcomb / (mcomb · PCI)

si ottiene un valore del rendimento superiore all’unita (od al 100%) in quanto valutando l’energia chimica primaria ci si riferisce al PCI, potere calorifico che viene misurato senza condensare i prodotti della combustione, mentre sarebbe opportuno impiegare il PCS, misurato tenendo conto anche della condensazione.

In pratica è come se ci si riferisse al PCI e si aggiungesse un’energia “gratuita” (circa l’11%) e sulla base di questo totale si valutasse l’efficienza (tenendo conto anche del recupero più spinto).

Tutto ciò non toglie che le caldaie a condensazione, in virtù del recupero di calore superiore rispetto ad una equivalente caldaia tradizionale, permettano di ottenere migliori prestazioni energetiche ed emissioni e consumi inferiori.

La realtà però è sempre più complessa rispetto alla teoria, infatti non basta impiegare una caldaia a condensazione per essere certi di ottenere tali miglioramenti.

 

 

 

UMIDITA’ – CURVA DI EQUILIBRIO E PUNTO DI RUGIADA

La possibilità per una caldaia di recuperare calore raffreddando i prodotti della combustione ben oltre il punto di rugiada dei fumi, permette un potenziale incremento dell’efficienza che porta in certi casi ad un equivoco sul valore reale del rendimento, le cui origini sono state esposte e motivate sempre nel precedente post.

Perché questo avvenga è però necessario che la caldaia operi in certe condizioni ottimali, condizioni che risultano fortemente influenzate dall’impianto nel quale viene installata e dalla gestione delle utenze termiche.

Per potere comprendere meglio  cosa avviene è necessario introdurre alcuni concetti, quali la curva di equilibrio tra fase gassosa e liquida, curva che identifica, per una data pressione, la percentuale di umidità limite che un gas può contenere senza che si verifichi la sua condensazione.

Dalla combustione di una data massa di combustibile, ad esempio metano o gas naturale, è possibile ricavare per via teorica, con un semplice bilancio chimico, la composizione dei prodotti della combustione, con riferimento all’eccesso d’aria (o di ossigeno residuo nei fumi secchi) rispetto alle condizioni stechiometriche.

 

Noti questi dati è possibile individuare, per ogni regolazione dei bruciatori (che definisce appunto la percentuale di eccesso d’aria), la temperatura alla quale inizia la condensazione.

Ipotizzando di avere il 3% di O2 nei fumi secchi, operando il recupero di calore dai fumi si può vedere come raffreddando i fumi fino alla temperatura di circa 56° si stia estraendo solamente il calore sensibile contenuto negli stessi, ed al raggiungimento della temperatura di equilibrio abbia inizio la condensazione dei fumi.

Una volta raggiunte le condizioni di equilibrio si deve procedere seguendo la curva fino alla temperatura alla quale non si recupera più il calore dei fumi (in questo caso, essendo in condizioni di condensazione dei fumi, si sottrae calore latente).

Il limite di temperatura è determinato essenzialmente dalla superficie degli scambiatori, ed ovviamente non darà possibile spingersi troppo al di sotto di certe temperature in quanto le dimensioni della caldaia ed i costi sarebbero sproporzionati al beneficio ottenibile.

Scaricando i fumi a 40°C si lascia una umidità residua di 7.5%, essendo partiti da un valore di 16.5%.

Oltre alla superficie di scambio termico, un altro fattore che influenza la percentuale di condensazione è rappresentato dal tenore di ossigeno nei fumi, al cui aumento corrisponde una diminuzione della temperatura di rugiada.

Appare inoltre evidente che i fumi continueranno a raffreddarsi lungo il camino, ma poiché non vi è nessun dispositivo di recupero del calore, tale condensazione avverrà senza apportare effetti al rendimento della caldaia.

RENDIMENTO DELLA CALDAIA A CONDENSAZIONE

Nella valutazione del rendimento della caldaia diversi fattori, oltre all’energia termica dovuta alla condensazione, devono venire presi in considerazione, in particolare la dispersione termica verso l’esterno, fattore che contribuisce in maniera più o meno sensibile alla differenza tra il rendimento legato alla combustione ed il rendimento reale “medio stagionale” della caldaia.

Sotto questo aspetto la soluzione a condensazione presenta diversi vantaggi rispetto ad una soluzione tradizionale, sia sotto l’aspetto del minore scambio termico con l’esterno a fiamma spenta per via delle minori perdite attraverso l’involucro (dovute principalmente alle più basse temperature dell’involucro stesso grazie alle minori temperature dei fumi scaricati), sia grazie alla capacità di regolazione che permette in genere di operare in regime di modulazione, adattando la potenza termica al carico richiesto riducendo le intermittenze.

La caldaia a condensazione, presenta il circuito dell’acqua ed il percorso dei fumi in controcorrente per massimizzare lo scambio termico.

 

Il ΔT tra la temperatura di ingresso dell’acqua (corrispondente alla temperatura di ritorno del circuito) e la temperatura di scarico dei fumi tende a zero per uno scambiatore di superficie infinita, ma contrariamente a quanto si può pensare, una volta definita la caldaia e quindi la superficie di scambio termico, tale differenza dipende dalla potenza al focolare, ovvero dal carico al quale la caldaia opera, infatti la temperatura di ritorno dell’acqua dipende essenzialmente dai corpi scaldanti installati negli ambienti e dalle loro superfici di scambio termico, in relazione alla temperatura degli ambienti stessi (ed una temperatura elevata dell’acqua di ritorno indica un basso scambio termico con l’ambiente).

All’aumentare della potenza del focolare la curva dei fumi trasla verso l’alto incrementando il ΔT, con conseguente riduzione del recupero di rendimento ad opera della condensazione in quanto i fumi vengono scaricati ad una temperatura più elevata.

Con una temperatura di ritorno dell’acqua di 40°C ed un ΔT di 5°C si ottiene un incremento del rendimento dell’ordine del 6.3%incremento che si assottiglia all’aumentare del ΔT (4.8% per ΔT = 10°C, 0.77% per ΔT = 20°C).

La causa di tale “mancato incremento” dovrebbe essere oramai chiara, infatti al crescere della temperatura di scarico dei fumi ci si sposta a valori di temperature per i quali non si riesce ad ottenere la condensazione degli stessi dentro la caldaia, con la conseguente impossibilità di estrarne il calore latente.

Una conseguenza immediata di ciò, ai fini della scelta di una caldaia a condensazione e della sua potenza, consiste nella corretta valutazione delle temperature dei fumi in condizioni di carico nominale e di carico minimo.

Una corretta scelta della caldaia ed una altrettanto corretta gestione dell’impianto, dovranno privilegiare un dispositivo capace di operare correttamente in condizioni di regolazione (che avviene regolando contemporaneamente la quantità di combustibile e di aria per ottenere una combustione premiscelata) senza variazioni sensibili dell’ossigeno residuo, ed un impiego a minimo carico in modo da mantenere una differenza di temperatura tra fumi ed acqua di ritorno in più basso possibile, evitando quanto più possibile le intermittenze, ovviamente senza sottovalutare la necessità di adeguate superfici degli scambiatori di calore negli ambienti.

 

15/03/2011

Fonte:
http://www.appuntidigitali.it

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