Panoramica sul leasing: leasing finanziario, leasing operativo, leasing leaseback - Parte 2
Una sottospecie del leasing è il leaseback.
Quando il proprietario di un bene ha bisogno di liquidità ma non può farne a meno, può accordarsi con un intermediario finanziario in questo modo: egli rivende il bene all’intermediario, il quale senza soluzione di continuità lo concede in locazione finanziaria al medesimo.
In questo modo, per fare un esempio, un’industria può continuare ad utilizzare un suo capannone o un dato impianto di cui non può fare a meno e allo stesso tempo fare cassa con la vendita.
Ovviamente nel conto bisogna anche ricordare che bisognerà via via versare i canoni di leasing alla controparte.
Qualunque sia la forma adottata, il contratto di leasing determina dal punto di vista contabile le medesime conseguenze. Finche perdura il contratto, il valore del bene continuerà ad essere contabilizzato e ammortizzato dal formale proprietario (il locatore), il quale segnerà fra i suoi proventi i canoni di leasing. Per il locatario, invece, questi canoni sono ovviamente un costo.
Se è stato pattuito un maxicanone iniziale, per entrambi i soggetti il relativo ammontare (ricavo o costo a seconda del punto di vista) va ripartito negli anni, in proporzione all’effettiva durata del contratto, utilizzando il metodo contabile dei risconti.
Le società quotate in Borsa e altri soggetti, invece, sono tenuti a redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali, secondo i quali il metodo di contabilizzazione del leasing è molto più complesso, poiché prevede parecchie complicazioni che riflettono più adeguatamente il particolare rapporto in essere: occorre dunque far apparire il bene nel bilancio del locatario e non del locatore, scindere all’interno dei canoni la quota capitale dalla quota interessi, determinare con calcoli complessi il valore attuale dei canoni ancora da versare …
Nel corso degli anni il massiccio ricorso al leasing ha spinto il legislatore fiscale ad intervenire per dare delle regole precise in merito a reddito imponibile e costi deducibili.
Le norme, tuttavia, sono mutate più volte. Secondo le attuali disposizioni, l’impresa locataria deve dichiarare i canoni di leasing, che sono integralmente imponibili. Naturalmente vale il principio di competenza, perciò la data di incasso non è rilevante: il maxicanone, ad esempio, va ripartito secondo le stesse regole contabili già descritte.
Il principio di competenza vale anche per il locatario, che ha diritto di portare in deduzione tali costi se documentati e inerenti ad un’attività d’impresa. La deducibilità trova però alcuni paletti.
Per quanto riguarda la quota-capitale dei canoni, infatti, è richiesto che la durata del contratto sia pari almeno ai due terzi del periodo di ammortamento di quel bene.
Se perciò per un dato bene è prevista un’aliquota pari al 10%, e dunque l’ammortamento dovrebbe concludersi in undici anni (considerando che il primo anno l’aliquota è ridotta alla metà), le quote-capitale possono essere dedotte solo se il contratto dura almeno sette anni e quattro mesi.
Se però il bene consiste in un mezzo di trasporto a motore, allora la durata del contratto deve essere pari almeno al 100% del periodo di ammortamento.
Se si tratta di un fabbricato, infine, si applica la regola dei due terzi, ma in tutti i casi la durata minima deve essere di undici anni. Tuttavia, se l’applicazione di tale regola conduce ad un risultato superiore a diciotto anni, è sufficiente che il contratto duri almeno, appunto, diciotto anni e non necessariamente oltre.
Per quanto riguarda, invece, la quota-interessi, la materia rientra nel più complesso discorso sulla deducibilità degli interessi passivi secondo il metodo del R.O.L.
31/03/2009
Fonte: http://www.reteingegneri.it